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Da Egna a Caldaro, passando per Anterivo
a cura di Luigi FranchiDa Egna a Caldaro, passando per Anterivo06/03/2025
Dove mangiare
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I fiumi non erano regimentati fino al secolo scorso e nei secoli erano i padroni della terra, scorrevano liberi, dilatati nei loro alvei, così anche l’Adige che, esondando, colpiva il borgo di Egna. Cosa che appare impossibile oggi ma che avveniva con conseguenze, molte volte, drammatiche come si evince da un segno su una delle colonne dei porticati del borgo. Oltre alle esondazioni c’erano anche gli incendi e le case di legno andavano rapidamente distrutte. 

Comincia così il racconto di Moritz Selva che, insieme a Eleonora Spada, mi accompagnano per lunghi tratti della mia visita in questo territorio. Sono una parte del team di Castelfeder sulla Strada del Vino, la società cooperativa turistica che promuove il territorio tra Egna e Salorno, in provincia di Bolzano.

Sono venuto qui per raccontarvi della più storica Strada del Vino d’Italia, quella di Caldaro, che si estende anche a sinistra dell’Adige fino alle pendici del Monte Corno. Ho scelto di partire da Egna perché mi ha incuriosito il suo essere parte dei Borghi più belli d’Italia, poco citato ma pienamente degno di questo riconoscimento.

“In effetti, rispetto a tutto l’Alto Adige – mi rivela Moritz – siamo il territorio con il minor numero di turisti, ma questo preserva anche l’originalità dei borghi e la vita quotidiana di chi ci abita. Tutto ciò non significa volersi isolare bensì accogliere un turismo più lento, che vuole capire i luoghi”.

 

Neumarkt – Egna

Troviamo questa scritta quando ci avviciniamo all’uscita autostradale.

“Vuol dire nuovo mercato, perché Egna è sempre stato un punto di riferimento commerciale importante per il suo territorio. Nuovo mercato sostituisce vecchio mercato, come si chiamava fino al 1189 quando fu distrutta. Ma andiamo con ordine. – mi suggerisce Moritz, mentre mi accompagna alla chiesa parrocchiale – La chiesa fu ricostruita in questo posto, ai margini del quartiere popolare, ma il paese si è sviluppato più in alto, per ripararsi dalle esondazioni”.

Una chiesa che raggruppa diversi stili – dal romanico al gotico al barocco – e che, al suo interno, vanta affreschi degli anni ’30 a tema religioso ma che riproducono visi dei nobili e dei ricchi che finanziarono le opere, infatti sono tutti biondi e con gli occhi azzurri.

A Egna è sempre stata applicata una regola che diede grande prosperità al borgo: una concessione, nel 1309 da parte del sovrano reggente duca Ottone, del “diritto di fermo e di deposito delle merci”. I mercanti che transitavano dovevano fermarsi almeno una notte! Infatti la cittadina era il più importante porto fluviale del Tirolo del Sud e i beni che arrivavano dovevano qui essere depositati. 

Il nome italianizzato – Egna – deriva dai nobili residenti, gli Enn, proprietari del castello che domina il borgo. 

Dalla chiesa si raggiunge Via Andreas Hofer, il condottiero del popolo tirolese contro gli invasori francesi ai primi dell’Ottocento. La via è definita popolare, con portici, una volta stretti, una volta bassi, una volta grandi, che, oggi, conferiscono una particolare bellezza urbanistica al borgo; a metà della via c’è quella che era, al tempo di Hofer, la casa dell’ufficiale giudiziario dove una stanza era adibita a prigione, in cui Andreas Hofer trascorse la sua ultima notte prima di essere portato a Mantova davanti al plotone di esecuzione. Secondo la leggenda, nelle mani aveva un crocifisso ornato di fiori. Non si fece bendare e disse: "Io sto davanti a colui che mi ha creato e in piedi io voglio consegnargli la mia anima".

Da via Andreas Hofer si raggiunge la bella piazza di Egna, con la fontana che eroga acqua freschissima e da qui si può andare a visitare il Museo di cultura popolare che descrive le abitudini di vita degli abitanti del borgo.

Con Moritz ed Eleonora è venuto il momento di celebrare il prodotto più importante di Egna: il Pinot Nero.

Per farlo raggiungiamo il wine shop di Castelfeder dove, oltre ai vini dell’azienda, scopriamo anche i vini dei partner e degli amici della famiglia Giovanett; un’ottima degustazione chiude questa prima parte della visita.

I portici di EgnaI portici di Egna
Da Egna a Caldaro, passando per Anterivo
Museo di cultura popolare a EgnaMuseo di cultura popolare a Egna

 

Montagna

L’altro borgo che vale la pena scoprire è Montagna, non foss’altro che per la posizione, più alta di Egna, che consente una vista straordinaria sulla sottostante valle dell’Adige. Da Montagna ci si ricongiunge con il sentiero del Pinot Nero, una variante della Strada del Vino, che si inoltra tra i vigneti e le cantine che, in questa zona, hanno nomi famosi come Franz Haas, giusto per citarne uno. Inoltre, sempre a Montagna, esiste un tratto di ferrovia costruita dagli austriaci per scopi bellici durante la Grande Guerra che oggi è una splendida pista ciclabile e una passeggiata pedonale.

Al ristorante Goldener Löwe, dove un tempo c’era il tribunale e questo fa un certo effetto, Eleonora Spada mi racconta dei Krampus:  “L'effettivo giorno del Krampus è il 5 dicembre, ma in Alto Adige, il periodo che va da fine novembre al giorno di San Nicolò (6 dicembre) vede l'imperversare dei Krampus. I "Tuifl", che significa "diavoli" in dialetto altoatesino, non sono però diavoli veri e propri, ma si tratta di una figura spaventosa che risale all'epoca precristiana. Oggi, molto spesso, il Krampus accompagna San Nicolò e si occupa dei bambini che non sono stati buoni. Il Krampus indossa una maschera di legno intagliata e delle pelli di capra, le quali spesso sprigionano ancora un odore molto particolare. Sull'addome vengono legati dei campanacci per fare più rumore possibile, inoltre vengono utilizzate anche una verga o delle catene di ferro” mi spiega e mi immagino la paura, quando nell’antichità, apparivano nelle notti senza illuminazione.

A Ora per scoprire la terra del Lagrein

Prima di parlare del vino Lagrein mi piace descrivere la bellezza e la serenità di questi luoghi, dovuta probabilmente alla posizione privilegiata in cui si trovano. Per farlo utilizzo le parole tratte dal Viaggio in Italia di Goethe: “Da Bolzano a Trento si percorre una valle sempre più ubertosa. Tutto ciò che fra le montagne più alte comincia appena a vegetare, qui acquista forza e vita: il sole brilla con ardore e si crede ancora in un Dio”.

Mentre penso a questa frase storica arriviamo alla cantina Luis, ai margini del centro abitato, dove ci accoglie, orgoglioso della scelta che ha fatto, Luis Oberrauch: aprire la propria cantina e produrre il Lagrein in questa zona vocata, grazie ai terreni di porfido che connota questa terra.

Viticoltura eroicaViticoltura eroica

“Sono direttore tecnico in una delle più importanti cantine dell’Alto Adige, Castel Englar, e questo mi dà molte soddisfazioni ma aprire la mia piccola cantina è, probabilmente, il sogno realizzato della mia vita”. Ce lo racconta, mentre sul retro della casa dove c’è la cantina storica, arriviamo alla vigna di proprietà, con le galline che scorrazzano intorno.

“Questa zona è fatta da tanti piccoli appezzamenti, esposti al caldo della vigna che, con il cambiamento climatico, rende il Lagrein particolarmente riuscito. I miei due ettari e mezzo, nei prossimi anni, mi daranno un Lagrein eccellente, ne sono certo. Durante tutte le lavorazioni in vigna posso contare sulla mia famiglia che mi da una mano, nel senso letterale della parola, poiché ogni attività viene fatta manualmente”.

Ha un entusiasmo contagioso Luis, i suoi vini sono qualcosa di unico e, infatti, hanno un mercato prevalentemente straniero e nella ristorazione di un certo tipo. È proprio vero, mettere i piedi in vigna ti cambia la vita.

Luis OberrauchLuis Oberrauch
Il fiore del luppoloIl fiore del luppolo
foto ®Monsornofoto ®Monsorno

Anterivo, dove si incontra una strega buona

Sono bravi i ragazzi del team di Castelfeder, del resto Lukas Velasco, il direttore, me lo aveva detto: “Cercheremo di farti vedere cose e incontrare persone inaspettate”. Mi vengono in mente le sue parole mentre stringo la mano a …………………. 

“Anterivo è nato nel 1321 quando il Re della Boemia ha dato il diritto al suo custode di questa zona, la contea di Enn, di erodere il bosco per costruire dieci masi, che sono ancora rappresentati nello stemma comunale. Tutto si decideva qua e, nella carta che scrisse il Re di Boemia, i proprietari dei dieci masi erano esentati da tassazioni per l’eternità. Non fu così, durò solo un secolo, ma è stato un vantaggio perché, senza tasse, questo piccolo borgo, oggi, sarebbe pieno di palazzi, ville, grattacieli. Meglio pagare le tasse e restare qui, in un luogo pieno di serenità”, mi accoglie con queste parole la stria del Morel, - “si, sono una strega, ma buona, mi chiamano così da quando ho cominciato a occuparmi di erbe” - prima di parlarmi del lupino di Anterivo. 

“Il lupino – mi dice - è menzionato, per la prima volta, nel 1887 nella biografia del principe vescovo di Graz, nato ad Anterivo. Viene citato un surrogato di caffè che chiamavano caffè di Anterivo, ottenuto da un lupino di fiore blu”.

Nelle sue memorie scrive che questa leguminosa permetteva “persino ai più poveri di realizzare un piccolo guadagno”. La polvere, essendo leggera, era infatti trasportata facilmente dalle donne che giungevano a piedi nelle aree vicine della Bassa Atesina, del Cavalese e di Capriana per commercializzarla e quindi ottenere un’integrazione al reddito.
Camminiamo su strade di porfido, in mezzo a case di porfido, a fontane e scale di porfido; è la pietra del Monte Corno, ideale terreno sabbioso per coltivare questo lupino, perché non trattiene l’acqua. Le case e le malghe qui sono coperte di legno di larice, un legno molto duraturo e, quindi, adatto a questo scopo.
“Qui facciamo ancora molte cose con il lupino, a maggior ragione da quando è diventato presidio Slow Food. Il caffè, la birra, il cioccolato, un formaggio aromatizzato con il caffè di Anterivo. Poi ve li faremo degustare tutti, per avere un vostro parere, ma adesso raggiungiamo un campo di lupini, anche se siamo fuori stagione forse qualche fiore riusciamo a vederlo”.

Questa è davvero una storia fantastica, se poi raccontata da una donna che, per passione, si è licenziata dal suo lavoro impiegatizio per mettersi a fare corsi sulle erbe, diventa ancor più speciale.

“Ne coltivano quattro o cinque chili all’anno e i contadini lo fanno esclusivamente per mantenere questa tradizione, infatti lo trovate in vendita solo nel negozio del paese”.

Mentre saliamo verso il campo ci imbattiamo in alcune porte con dei numeri segnati con il gesso: chissà cosa significa.

Sembra che la stria del morel mi legga nel pensiero: “Vedi quei numeri e quella sigla? È un’usanza praticata nelle Alpi e nella Germania cattolica. Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio nelle case si fa una piccola precessione in tutte le stanze con l’incenso ringraziando per quello che ci è stato dato nell’anno appena trascorso. Poi, con il gesso, si cambia il numero dell’anno sulla porta e la sigla sta a significare Casa Mia Benedicta. La cerimonia si chiude a tavola mangiando una minestra d’orzo e gli ultimi biscotti di Natale”.

Ogni casa, notiamo, fuori ha un cumulo ordinatissimo di legna, sembrano tante opere d’arte. “Sono le case di chi sceglie di raccogliere ciò che resta nel bosco, dopo che è stata tagliata la legna. Si va in Comune, si riceve una porzione di bosco e si va a raccogliere gratuitamente. In questo modo il bosco resta sempre pulito”.

Basta poco per dare voce alla coscienza civile, qui lo fanno. Una bella lezione, non c’è altro da dire!

“Ecco, siamo nell’orto, e siamo fortunati: riusciamo a vedere qualche piantina ma se si vogliono vedere i campi blu bisogna venire in estate. Sono piante che devono essere controllate ogni due-tre giorni altrimenti scappa il chicco del lupino. Questa pianta è pelosa, anche nel fiore, si mettono i chicchi uno per uno appena si scioglie la neve. Abbiamo quindici orti, di cui cinque solo per la vendita”. 

Prima di salutarci entriamo in negozio per portarci a casa il caffè di Anterivo.

Casa Mia BenedictaCasa Mia Benedicta
Il lago di CaldaroIl lago di Caldaro

 

Ci spostiamo a destra dell’Adige

Non possiamo non fare un salto sull’altra sponda, in quel di Caldaro dove, attraversando colline stracolme di ordinati filari, il clima sempre mite fa venire in mente quanto sia vero il detto che Caldaro è il primo paese del Mediterraneo per chi proviene dal nord Europa. Lo stesso toponimo richiama il caldo, la mitezza. È un paese vocato al turismo del vino, come Beaune in Borgogna, tutto ruota attorno a questa bevanda dionisiaca. All’ingresso del paese si trova il wine center, una struttura moderna, proprietà della cantina Kaltern, dove mi fermo per una breve degustazione e l’acquisto dei vini. Poi torno verso casa con il pensiero che forse un solo articolo non basa per raccontare questo territorio! Caldaro aspettaci!