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È l’elefantino più famoso della capitale, sorregge uno dei 9 obelischi di Roma e si trova in piazza della Minerva a pochi passi dal Pantheon, di fronte alla basilica di Santa Maria sopra Minerva. Venne commissionato da Papa Alessandro VII a Gian Lorenzo Bernini che ha voluto collocare l’intero monumento in modo non casuale, rendendo questo elefante ancora più singolare.
Tutto ebbe inizio nel 1665, quando i Domenicani trovarono in un terreno di loro proprietà, un obelisco egizio integro, dall’altezza di 5.47 mt, in granito rosa, con geroglifici su tutti i lati. L’obelisco risalente al VI secolo a.C. era stato portato a Roma dall’imperatore Domiziano per decorare il tempio di Iside al Campo Marzio. Molti romani all’epoca veneravano il culto degli dei dell’Egitto. Questo obelisco conta una copia gemella portata ad Urbino nel 1737 e collocata nella piazza del Risorgimento per celebrare il papa Clemente XI.
Nel 1666, Papa Alessandro VII, decise di voler collocare l’obelisco in piazza della Minerva, vicino a Santa Maria della Minerva e al convento dei frati domenicani. Numerosi furono gli architetti che vollero portare al Papa le loro idee e i loro progetti. Padre Domenico Paglia, dei frati domenicani, aveva in mente di posizionare l’obelisco su un monumento formato da sei colli, presenti nello stemma della famiglia Chigi alla quale il Papa apparteneva, e voleva mettere un cane con la torcia in bocca in ogni angolo, in riferimento alla loro congregazione (Domini Canes, i cani del Signore, simbolo di fedeltà). Gian Lorenzo Bernini, già affermato scultore e architetto per la città di Roma, presentò al Papa circa dieci progetti, tutt’ora conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana, tra i quali prevedeva la figura di Ercole sorreggere con le forti braccia questo monolite. Alessandro VII respinse l’idea dei frati Domenicani, perché il suo intento non era quello di celebrare la sua figura ma quella della divina saggezza e scelse tra le soluzioni del Bernini quella che prevedeva un elefante sorreggere l’obelisco.
Il Bernini molto probabilmente ispirò il suo progetto al testo “Hypteronomachia Poliphil” del domenicano Francesco Colonna. Questo libro misterioso, parla del sogno di un tale Polifilo che nel suo viaggio fantastico ad un certo punto incontra un elefante di pietra che sorregge un obelisco. Il testo è fantasioso, e ricco di illustrazioni dalle quali l’artista sembra aver preso spunto per il suo disegno. Bernini raffigurò il suo elefantino che avrebbe sorretto l’obelisco distribuendo il peso sulle quattro zampe. D’altra parte aveva già progettato la fontana dei fiumi a Piazza Navona e chi meglio di lui poteva conoscere il marmo e i suoi segreti per realizzare queste opere …. I domenicani già infastiditi per la bocciatura del loro progetto, criticarono aspramente il disegno dell’architetto mettendone in dubbio la stabilità dell’opera, tanto da convincere anche il Papa che la realizzazione avrebbe dovuto avere una base di sostegno più solida.
A malincuore il Bernini, dovette cedere alle critiche dei frati e realizzò un riempimento sotto la pancia dell’animale, nascondendolo con una sella e un’originale elegante gualdrappa ornata da nappe, conchiglie, foglie di quercia, la stella a 8 punte dei Chigi e i sei piccoli colli. Il risultato fu un animale goffo, appesantito, tozzo tanto da sembrare più che un elefante, un maiale …così i romani iniziarono a chiamarlo il “Porcino della Minerva” e nella forma dialettale “purcino….pulcino”. L’esecuzione del monumento venne affidata allo scultore Ettore Ferrata nel 1667, originario di Como, si trasferì a Roma dove divenne uno dei principali collaboratori di Gian Lorenzo Bernini. Bernini, arrabbiato per le critiche dei frati che tanto lo avevano osteggiato dispose il monumento con il posteriore dell’animale, verso il convento dei frati, volutamente con la coda spostata, e per sottolinearne il messaggio un’ulteriore proboscide alzata ad indiare le terga. Monsignor Sergardi scrisse “L’elefante volge le terga e grida con la proboscide rivolta all’indietro: frati domenicani, qui mi state”. A coronamento dell’obelisco c’è una stella a otto punte, che termina con una croce a sottolineare il valore della Cristianità. Papa Alessandro VII volle che sul piedistallo fosse scritta la ragione e il significato del monumento da lui voluto: SAPIENTIS AEGYPTI INSCULPTAS OBELISCO FIGURAS AB ELEPHANTO BELLUARUM FORTISSIMA GESTARI QUISQUIS HIC VIDES DOCUMENTUM INTELLIGE ROBUSTAE MENTIS ESSE SOLIDAM SAPIENTIAM SUSTINERE “Chiunque qui vede i segni della sapienza d'Egitto scolpiti sull'obelisco, sorretto dall'elefante, la più forte delle bestie, intenda questo come prova che è proprio di una mente robusta sostenere una solida sapienza”. Maria Cristina Dri
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