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Tra La Morra e Barolo, il racconto di una parte di Langhe
a cura di Jacopo FranchiTra La Morra e Barolo, il racconto di una parte di Langhe05/02/2025
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Langhe! Qual è l’etimologia di questa parola? Le varianti sono diverse ma la tesi più accreditata è: colline.

E di colline le Langhe ne ospitano a centinaia: dal movimento dolce, ordinate nei loro filari di vite, talmente belle da meritarsi nel 2014 il 50° riconoscimento italiano dall’UNESCO, il primo premiato per il paesaggio culturale legato al mondo del vino.

100 comuni coinvolti, sei zone d’eccellenza, tra cui le colline del Barolo di cui parleremo in questo articolo.

Colline che servono a dare un vino unico, fortemente identitario; colline che sono la base solida su cui sono nati tutti i piccoli paesi con i loro castelli, segno di un rapporto di lealtà e subordinazione con la nobiltà sabauda che, in queste terre, ha anche fatto buone cose; colline che sono nel cuore di uno dei più grandi poeti e scrittori del nostro tempo, Cesare Pavese.

“Una vigna che sale sul dorso di una collina fino a incidersi nel cielo è una vista familiare, eppure le cortine dei filari semplici e profonde appaiono una porta magica” scriveva Pavese e ancora “Sempre, ma più che mai questa volta, ritrovarmi davanti e in mezzo alle mie colline mi sommuove nel profondo”.

Tra La Morra e Barolo, il racconto di una parte di Langhe

La Cappella del Barolo

Parte da qui la nostra visita in un piccolo pezzo di Langhe, tra i comuni di La Morra e Barolo. Siamo nel vigneto di Brunate, a metà strada tra i due borghi abitati. Sei ettari di questo vigneto furono acquistati nel 1970 dalla famiglia Ceretto, una delle famiglie più importanti nel mondo del Barolo, vignaioli dal 1937 fortemente legati alla valorizzazione del territorio langarolo. Su questi sei ettari di vigneto, sul catasto, c’era anche una piccola cappella mai consacrata che era da sempre utilizzata dai contadini come riparo in caso di temporali e grandinate. Diroccata e abbandonata per anni la cappella fu recuperata dai Ceretto negli anni ’90, affidandone le cure a due artisti di fama internazionale: David Tremlett e Sol LeWitt. In pochi anni riuscirono a trasformare questo piccolo edificio in rovina in una splendida testimonianza di arte contemporanea.

Oggi la Cappella del Barolo è un’opera vibrante e piena di colore all’esterno, grazie alla maestria di LeWitt, mentre Tremlett si è occupato delle decorazioni interne che infondono calore e serenità.

Tra La Morra e Barolo, il racconto di una parte di Langhe

La Morra

Di questo paese a 500 metri slm posto sulla cima della collina possiamo affermare che è il miglior avamposto per osservare dall’alto la sinuosità del paesaggio langarolo. Dalla sua unica piazza ci si affaccia su un panorama letteralmente mozzafiato per poi disperdersi per le vie colme di proposte gastronomiche, culturali, enologiche.

La fondazione di La Morra è da collocarsi tra il XII e il XIII secolo e nel 1342 diventa feudo della famiglia Falletti che tanta importanza ha avuto in queste terre per l’affermazione del vino e di una società rurale che, pur nella fatica, ha sempre lavorato “con fatica per aggiungere terra ad altra terra”, per dirla con le parole di un altro grande scrittore di queste parti, Nuto Revelli.

E questo fu grazie ad una legge del 1850, detta Legge Siccardi, che prevedeva l’eliminazione dei privilegi ecclesiastici; molte terre vennero poste sul mercato e i contadini langaroli ne approfittarono estendendo le loro proprietà, con coltivazioni di frumento e cereali, di bachi da seta e, infine, con le colture vinicole che, a partire dall’Ottocento, caratterizzeranno tutto il paesaggio.

Complice la svolta di Cavour, ministro dell’agricoltura dell’epoca, che aveva permesso la stipula di trattati commerciali con numerosi paesi europei, i contadini langaroli vedono nella produzione vinicola un ottimo settore dove guadagnare molto e velocemente.

Tra La Morra e Barolo, il racconto di una parte di Langhe

Ma torniamo all’attualità: nel comune ci sono, oltre alle numerose chiese del centro storico, almeno quattro particolarità da vedere. Della prima, la Cappella del Barolo, abbiamo già parlato. La seconda è la panca gigante rossa, in frazione Santa Maria, creata dall’artista Chris Bangle che, successivamente, ha incentivato la creazione di altre 25 panche rosse giganti in tutta l’area Langhe-Roero. Sedercisi sopra ti fa sentire bambino, piccolo di fronte alla maestosa bellezza delle colline circostanti.

La terza è un Cedro monumentale del Libano, piantato nel 1856 sui terreni della famiglia Cordero di Montezemolo per celebrare le nozze, che oggi è un autentico capolavoro della natura che spicca tra i vigneti.

La quarta è la cantina Marcarini, nel centro storico di La Morra, con le sue cantine storiche che arrivano sotto la chiesa di San Sebastiano che ne deteneva la proprietà. Da sei generazioni la famiglia Marcarini produce vino, in particolare Barolo. Nel loro wine-shop, collegato ai locali di produzione è possibile fare una degustazione guidata e partire alla volta delle cantine storiche.

Tra La Morra e Barolo, il racconto di una parte di Langhe
Tra La Morra e Barolo, il racconto di una parte di Langhe

Barolo

C’è subito una cosa che colpisce quando Barolo ci appare davanti; il suo nucleo abitativo, a differenza degli altri paesi delle Langhe, è racchiuso in una piccola valle che si chiude ad anfiteatro attorno ad esso. 700 abitanti, ogni via sa di vino con le enoteche, le sale degustazione, le cantine, fino ad arrivare al castello che ospita l’Enoteca Regionale del Barolo e un bellissimo museo del vino aperto nel 2010.

Passeggiare per le poche vie di Barolo trasmette senso di pace, sembra che il mondo viaggi al rallentatore e ogni occasione potrebbe essere buona per assaggiare, chiacchierare, godersi la giornata.

Noi ne abbiamo scelta una su tante, prima di arrivare al museo del vino. Siamo entrati in un altro museo, quello dei cavatappi. Un museo privato, aperto nel 2016, realizzato dal dottor Paolo Annoni, farmacista. La sua collezione è composta da 1200 cavatappi e più di 500 sono quelli esposti nelle sale del museo. Il primo brevetto di un cavatappi risle al 1795, ed è dell’inglese Samuel Henshall. Fino al 1728 in Italia era proibita la bottiglia di vetro per il vino; era utilizzata solo per portare il vino dalla cantina alla tavola dell’osteria e, quindi, non necessitava di tappatura.

Furono gli inglesi ad utilizzare, per primi, i tappi in sughero per importare il vino dai paesi produttori.

Comincia così la storia dei cavatappi raccontata in maniera puntuale nelle didascalie che accompagnano il visitatore del museo. Una bella esperienza che ci accompagna al museo del vino all’interno del castello che ebbe tanta importanza nella valorizzazione del Barolo. Qui risiedeva Juliette Colbert, chiamata anche Giulia di Barolo, con il marito Carlo Tancredi Falletti. Fu lei che, nel 1845, iniziò la coltivazione di un nuovo vitigno che dette origine al Barolo.

Tra La Morra e Barolo, il racconto di una parte di Langhe
Tra La Morra e Barolo, il racconto di una parte di Langhe

Nel museo, chiamato WiMu e uno tra i più innovativi d’Italia, creato da François Confino, si vivono suggestioni quasi oniriche attraversandone le sale. Posto su tre piani si parte dall’ultimo, dove ci si può affacciare sulla terrazza del castello per un colpo d’occhio sul paese e sui vigneti che lo circondano. Qui l’incontro è con i tempi del vino e degli elementi che vi concorrono, il sole, la luna, le qualità del terreno, la fatica dell’uomo. Al secondo piano troviamo il vino nella storia e nelle arti, con un lungo scenario dove viene descritto tutto, dalle prime scoperte in Anatolia e Mesopotamia fino all’Ottocento e oltre.

Il primo piano è invece dedicato alla storia del castello e della famiglia Falletti, con mobili e arredi del tempo. Si è avvertita la necessità, in questo spazio, di preservare l’atmosfera che respirarono, proprio qui, personaggi come Silvio Pellico e Camillo Benso conte di Cavour, oltre a raccontare le numerose iniziative della famiglia Falletti che, oltre a dare vita al Barolo, diede il primo impulso agli asili per l’infanzia.

Molto altro ci sarebbe da raccontare quando si parla di Langhe: la gastronomia, la produzione di nocciole, i tartufi, le masche, esseri dispettosi pronti a fare scherzi agli ignari contadini ma di questo parleremo più avanti.